PROGETTO VOLTURNO

Ricerca interdisciplinare condotta sull'intero corso del fiume col metodo degli indicatori biologici e chimici  

Caserta , marzo 1990 

INDICE

1.Progetto Volturno
2.Prefazione ( Fulco Pratesi)
3.Introduzione ( Franco Tassi )
4.Presentazione (F. Paolella)
5.Cronaca ed analisi di una ricerca (G. Pace)
6.Geomorfologia del Volturno (L.Brancaccio)

 

Coordinamento scientifico

Consulenza geomorfologica

Collaboratori

V.Bellucci , M.Biondo ,S.Bosi , M.Capasso , C.Carafa , C Chierchiello , C. Di Salvo , E. Leggiero , A. Lombardi , M. Maione , F. Marcello , M. Martino , A. Mazzarella , P. Graziano , M. Moriello , P. Pelegalli ,R. Perillo , A. Russo , L. Zampella , Gruppo Giovanile WWF Caserta .

Le analisi chimico- fisiche e batteriologiche sono state eseguite dal laboratorio Labo-Cosnult di Campobasso .

 Ringraziamenti

Per la realizzazione del " Progetto Volturno " hanno collaborato 7 Comuni su 40 contattati :

AILANO , GRAZZANISE , CAIAZZO , CAPUA , CAPRIATI AL VOLTURNO , CASTEL CAMPAGNANO , CASTELVOLTURNO , COLLI AL VOLTURNO .


Prefazione ( indice)

 Cos'è un fiume? 

Per un idraulico un qualcosa da regimare; per un appaltatore, una buona occasione di cementificazione; per un industriale un comodo recapito per i liquami dei propri stabilimenti; per un pescatore o un canoista il territorio ove esercitare le loro attività.  Se poi il fiume in questione si chiama Volturno, l'interesse si estende anche allo storico che lo collega a uno dei fatti gloriosi della storia d'Italia.

Ma per il WWF, e soprattutto per il valoroso gruppo di volontari, appassionati ed esperti e che han dato vita alla ricerca contenuta nel presente volume, il fiume è un ambiente vivo. Vivo e vivente perché ha una nascita (nel caso del Volturno le splendide sorgenti alle falde del Parco d'Abruzzo), una giovinezza (e ricordo il corso ancora limpido e cristallino del fiume sotto il ponte Venafro), una maturità, una vecchiaia e la inesorabile morte che, per il Volturno, si celebra sul litorale campano tra Mondragone e il Lago Patria. 

Un ambiente vivo che ha le sue malattie (ed ecco gli inquinamenti che sono stati oggetto di approfonditi studi da parte del gruppo di lavoro), i suoi momenti difficili e i suoi abitanti, impersonificati da animali e piante, specchio fedele e ammonitore dello stato di salute del grande corso d'acqua. 

Ecco che, dove l'ambiente è ancora poco aggredito, leggiadre libellule e tricotteri sapienti, pesci esigenti e crostacei preziosi, alghe fluttuanti e fanerogame verdissime danno vita ad uno scenari o affascinante e mutevole là dove, invece, gli essudati mortiferi e fetenti della specie umana prendono il sopravvento, al calare del tasso di ossigeno vitale e di specie più delicate si contrappone il fiorire di piante od animali ignobili: alghe grigie e lutulenti, larve di insetti nocivi, vermi e altri parassiti popolano queste acque non più chiare, non più sane, non più limpide. Ed è principalmente sulla variazione delle comunità biologiche che gli esperti movimentati dal WWF di Caserta hanno basato le loro diagnosi e stilato la loro terapia. Ma dubito molto che, in un paese come il nostro, dove i fiumi servono, al più, per scaricare liquami o per colate di cemento, qualcuno possa accogliere l'appello e por mano ai rimedi che lo studio propone.

 Ma restano, sedimento prezioso e insostituibile, la messe di dati raccolti, le giornate di impegno e di lavoro, le denunce puntuali e severe nei confronti di chi, impunemente, condanna a morte il fume-simbolo dell'Unità d'Italia e la testimonianza, infine, di un gruppo di persone, generose e attive, che han voluto scrivere questa storia. 

Fulco Pratesi 


Introduzione ( indice)

Il riscatto del Volturno 

Un tempo ogni sorgente, polla o corso d'acqua era sacro, e i fiumi maggiori erano immaginati come austere divinità da tutti rispettate. A guardia di queste risorse vitali, antichissime tradizioni ponevano un drago feroce, custode sicuro quanto implacabile. Tutte le più importanti civiltà sono sorte e hanno prosperato sulle rive o alle foci di grandi fiumi, si chiamassero Nilo o Eufrate, Tevere o Gange, Mekong o Yangtze. Ogni storia dei popoli cammina su una di queste vie di comunicazione insostituibili, generose arterie di distribuzione della linfa da cui dipende la vita stessa del mondo. 

Oggi, nel giro d'appena mezzo secolo, la situazione dei nostri fiumi appare purtroppo drammaticamente mutata . Prosciugati da prelievi e captazioni di acque, impoveriti nella vegetazione palustre o riparia, rapinati persino delle sabbie e ghiaie che rappresentano una parte inscindibile del loro equilibrio dinamico troppo scarsamente compreso; e poi invasi da rifiuti, liquami e scarichi inquinanti, trattati non da preziosi benefattori ma soltanto come gratuite pattumiere a portata di mano. 

Così anche il fiero Volturno, teatro di cento aspre battaglie, non è oggi che uno dei tanti fiumi a rischio, strettamente controllato nel tratto sorgivo più ricco di acque, già fortemente contraffatto nel lembo intermedio, biologicamente agonizzante o addirittura morto, nel corso finale e verso la foce. 

Come si può accettare che l'Italia più ricca della storia possa restare indifferente di fronte a questa silenziosa tragedia, e che un popolo che si proclama civile e sensibile ai valori ambientali riduca questo Volturno ad infelice canale portatore non di vita, colori, suoni e risorse naturali, ma di torbide malattie, inquietanti veleni e cupi prodotti di scarto della civiltà dei consumi ? 

Far rinascere il Volturno si può e si deve. Non è compito che incombe sugli astronauti americani o sui cittadini del terzo millennio: ma proprio su noi, privilegiati, spensierati e sconsiderati italici della presente generazione.

Investiti della tremenda responsabilità di salvare il più grande fiume del nostro Mezzogiorno, uno dei corsi d'acqua tra i più minacciati d'Europa; e capaci forse di capovolgere il destino sfruttando tutti i mezzi - dalla prevenzione al risanamento - che l'intelligenza e la volontà degli uomini di oggi sono in grado di offrire. Ma il Volturno merita di più: di essere abbellito e vivificato, trasformandone i lembi migliori in un vero Parco fluviale, favorendo la ricostituzione sulle, sue sponde di quel manto verde originario oggi impoverito, che costituisce la migliore difesa del regime del suolo e delle acque. 

Ma per intervenire occorre anzitutto conoscere, comprendere la realtà di un delicato ecosistema che è cerniera, sintesi e sbocco di molti altri ambienti; occorre diagnosticare lo stato di salute del fiume, per offrire la prognosi più efficace e rassicurante. Ecco lo scopo della ricerca interdisciplinare che il WWF di Caserta ha condotto da anni, con l'attenzione dell'investigatore e con lo scrupolo dello scienziato è, anzitutto, il riscatto del Volturno. 

L'anno 1990 si apre con un soffio di speranza per il fiume martoriato. Le montagne da cui sgorgano le sue acque, la catena delle Mainarde intatto raccordo tra Abruzzo, Lazio e Molise, saranno ormai definitivamente salvaguardate, grazie alla provvidenziale inclusione nel Parco Nazionale d'Abruzzo. Forse è il momento giusto per varare anche un grande piano di restauro e risanamento, per dirla in una parola di rinascita, del grande fiume. E' tempo davvero di cambiare. Fiorirà dunque una magica nuova primavera per l'antico e glorioso Volturo ? 

Franco Tassi

 


"Quando avrete inquinato l'ultimo fiume , catturato l'ultimo pesce, tagliato l'ultimo albero,capirete, solo allora, che non potrete mangiare il vostro denaro
(Profezia degli Indiani Cree)

 Presentazione ( indice)

 Francesco Paolella

 Allorquando nel 1984 iniziammo a scattare le prime diapositive ai margini delle limpide sorgenti del Volturno nei pressi di Rocchetta al Voltumo (IS), avevamo in mente di realizzare un audiovisivo con finalità prettamente didattico-naturalistiche da utilizzare nel programma "scuolambiente" del W.W.F.

Ma, dopo aver ricognito il tratto molisano, ci rendemmo conto, scendendo sempre più a valle, che il fiume veniva sottoposto a progressivi e crescenti insulti che avrebbero potuto seriamente compromettere la sua integrità ecologica. 

Decidemmo, così, di abbandonare l'idea dell'audiovisivo naturalistico che tanto ci affascinava per intraprendere un lavoro più duro e difficile finalizzato alla conoscenza del reale stato di salute di questa importante e vitale arteria che nutre un tessuto vasto e densamente popolato.

 La realizzazione della ricerca diventava da quel momento un obiettivo primario ed irrinunciabile del WVVF - Caserta poiché nessuna indagine né tantomeno provvedimenti di prevenzione erano stati messi in atto dagli enti istituzionalmente preposti alla tutela delle acque - bene comune. Anzi il problema Volturno continuava ad essere del tutto ignorato. Constatavamo, con viva preoccupazione, che politici ed Enti, quando si interessavano al fiume, pensavano unicamente a come 'trasformarlo". 

Progettavano di renderlo navigabile canalizzandolo, cementificandone le sponde dopo averle "raddrizzate"; di costruire moli e porti fluviali ignorando che le opere da loro proposte e in qualche tratto già realizzate sono quelle più devastanti e determinano la morte del fiume; ignorando che la sostituzione del cemento agli argini naturali provoca la scomparsa di quell'habitat complesso e prezioso di macro e microfiora e fauna che ha il compito di depurare le acque, di consentire l'ovodeposizione di molte specie ittiche, di produrre il nutrimento per le catene alimentari, di rendere permeabile il terreno consentendo all'acqua di alimentare le falde, di regolare la velocità di scorrimento impedendo l'erosione e di rendere anche bello il paesaggio; ignorando che il Volturno aveva ed ha urgente bisogno di recuperare la sua integrità ecologica senza la quale neppure il parco fluviale auspicato dal WWF avrebbe un senso. 

Riunimmo così, in una sala messaci a disposizione da Telecaserta, tutti i soci disponibili ad entrare in gruppi operativi e demmo loro le prime direttive per la realizzazione del "Progetto Volturno Prendemmo contatto con i professori D'Argenio, Vallario e Brancaccio del Dipartimento di Scienze della terra dell'Università di Napoli, con il Dr. Tassi, direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo, in quanto il Volturno nasce dalle Mainarde, e con il Museo Entomologico di Verona poiché gli indicatori biologici erano stati scelti in chiave entomatica. A questa disponibilità della comunità scientifica si sono contrapposti insensibilità e disinteresse completo degli enti quali la Provincia e quasi tutti quei Comuni (40) i cui territori insistono sul bacino del Volturno ed ai quali ci siamo ripetutamente rivolti chiedendo collaborazione e sostegno economico per poter condurre, nel migliore dei modi, la ricerca. 

Durante questi anni abbiamo vissuto, insieme a momenti di gioia, anche momenti fortemente critici di fronte a ostacoli che sembravano insormontabili. La mancanza di attrezzature, la difficoltà a trovare laboratori specializzati e disposti a condurre le analisi fino in fondo e, soprattutto, l'esiguità dei nostri fondi, non hanno però fatto desistere dal suo intento la tenace pattuglia dei volontari del WWF che è giunta persino ad autofinanziarsi. 

Ricordo, fra i tanti episodi, la notte in cui Piero Sagnibene fu punto da una Vespa crabro mentre catturava degli insetti con la lampada di Wood: dovette ricorrere al pronto soccorso dell'ospedale di Piedimonte Matese; come pure il tuffo invernale di Lello Lauria che cadde nel fiume poiché si ostinava ad effettuare un prelievo ritenuto importante in una zona di difficile accesso; e ancora l'espressione alquanto buffa e sconsolata dei nostri ragazzi che, pieni di fango, tentavano di tirare fuori da un pantano la loro malconcia 127. Piccoli episodi rivelatori del grande entusiasmo che ci ha sempre animato. Tra la gente contattata o incontrata per caso durante le nostre ricognizioni, è viva l'immagine di Alfredo, un anziano pescatore di Cancello Arnone .Il suo volto esprimeva indignazione e rabbia quando, accompagnandoci con il ''Lontro" ci pregava di fare qualcosa per il "suo" fiume.

"Da giovane io e gli altri pescatori la bevevamo quest'acqua"... ci raccontava, "ed ora guardate, guardate queste anguille appena pescate! A chi le venderò se sono immangiabi­li. I pesci, infatti, presentavano lungo il corpo diffuse ulcerazioni numerose tumefazioni. 'Il fiume era pulito e pescoso e dava lavoro a tante famiglie!", egli continuava a dirci con tono accorato.

Le sue parole semplici e sentite evidenziavano in modo inequivocabile alcuni degli effetti negativi più immediati causati dall'inquinamento del fiume. Negl iultimi decenni è pressoché scomparsa là popolazione dei pescatori del Voltumo; ci sono state, infatti, ricorrenti e periodiche morie di pesci, divieti di balneazione, irrigazione e pesca. Gli insediamenti atipici di industrie chimiche, zootecniche ed estrattive sulle sponde del fiume, gli scarichi fognari, la cementificazione degli argini, ed altro, stanno attual­mente determinando un lento ed inesorabile degrado biologico ed ambientale così che il fiume e il suo areale una volta elementi di vita oggi sono potenziali fonti di rischio sanitario. Per noi della sezione casertana del W.W.F., la realizzazione del Progetto Volturno ha rappresentato un momento importante di cresci­ta; ha coinvolto un gran numero di soci che, a seconda delle proprie capacità, hanno offerto il loro generoso contributo. Insieme alla raccolta di dati e notizie abbiamo riscoperto e rafforzato quei valori quali l'amicizia ,la solidarietà e la tolleranza che il "dio danaro" e la civiltà dei consumi stanno via via distruggendo.

Voglio infine ricordare qui il nostro amico Paolo Marziano, respon­sabile della F.I.P.S. di Caserta, scomparso purtroppo prematuramente. Egli aveva curato con molta professionalità la mappatura ittica del Voltumo. L'auspicio è che il suo lavoro e quello di tanti altri sia valso a scongiurare la profezia Cree e a creare le premesse per un futuro Parco Fluviale del Volturno.


 

Geomorfologia del Voltumo ( indice)

Ludovico Brancaccio

Professore ordinario di Geografia Fisica presso la Facoltà di Scienze dell'Università 'Federico II' di Napoli

 La valle del Volturno presenta caratteristiche comuni a quelle di molti altri corsi d'acqua appenninici a foce tirrenica. Essa mostra infatti un lungo tratto del tracciato con direzione parallela alla catena in vistosa anomalia rispetto ai prevedibili assi di drenaggio superficiali in un complesso orografico allungato e stretto come l'Appennino. Recenti dati acquisiti dall'analisi geomorfologica e neotettonica attribuiscono in generale questo carattere ai sollevamenti della catena sviluppatasi a partire dei bordi tirrenici durante il Pleistocene inferiore e poi migrati verso l'asse appenninico; a contribuire poi in maniera determinante 1 alla deviazione del corso del Voltumo nei pressi di Presenzano è stata la crescita medio‑Pleistocenica della montagna vulcanica di Roccamonfina che ne ha sbarrato la valle verso la piana del Garigliano con imponenti conseguenze sulla difficoltà di drenaggio verso il Tirreno sfociate nella fonnazione di una serie di bacini lacustri, ora estinti, disseminati lungo la valle. 1 dati di cronologia di queste successioni lacustri attualmente disponibili non consentono di stabilime la contemporaneità; ma se così fosse si verrebbe ad identificare probabilmente, nel Pleistocene medio, un enorme lago tutt'intorno al massiccio del Matese all'incirca da Isernia ad Alife. I caratteri di esoreicità del Volturno sono stati pertanto riacquisiti in tempi più recenti.

Un discorso a parte merita poi la piana costiera del fiume, caratterizzata da una imponente subsidenza protrattasi fino al Pleistocene superio:re, che ha portato i sedimenti marini di questa età ad una profondità compresa tra 50 e 80. 

Un'altra caratteristica è costituita dal fatto che in buona misura la luce valliva del Volturno non appare come il risultato di lunghi processi Crosionali da parte delle acque correnti quanto piuttosto l'effetto dei ribassamenti tettonici consolidati durante il Quaternano. 

Per quanto concerne i contributi idrici, essi provengono in massima parte dal massiccio del Matese e delle strutture calcaree più meridionali del Parco Nazionale d'Abruzzo, che durante l'ultima glaciazione ha anche rifornito di carbonati le acque responsabili della deposizione della potente placca di travertini di Castel San Vincenzo, grazie alle emergenze provenienti dalla fusione degli enormi stoccaggi di ghiaccio presenti nei circhi glaciali de La Meta. Altri contributi provengono dal Calore, la cui valle presenta peraltro caratteri morfoevoluti non dissimili da quelli già descritti per il Volturno.

 

Le caratteristiche ambientali della Valle del Voltumo sono estremamente favorevoli. Le ampie pianure alluvionali presenti nelle frequenti e lunghe varici vallive, i fertili suoli impostati sulle piroclastiti del Roccamonfina e dei Campi Flegrei, la grande disponibilità d'acqua, la naturale predisposizione del rilievo a fare di questa valle una facile via di comunicazione l'hanno trasformata in un'area prescelta dell'uomo, fin dal Paleolitico più antico, per stabili insediamenti dalle molteplici vocazioni.


Cronaca ed analisi di una ricerca ( indice)

 Giuseppe Pace 

Una comunità civile ha il dovere di prendere coscienza dei privilegi che la natura, per fortunate combinazioni geografiche ed orografiche, le ha fatto ereditare e, conseguentemente, di promuovere ogni al ione affinché il patrimonio naturale di cui è assegnataria venga conservato e curato. 

Dai bastioni delle Mainarde, nel Molise, nasce e si snoda verso la Campania per raggiungere il Tirreno, il Voltumo, il più cospicuo tesoro naturale della nostra terra e il più, importante corso d'acqua del meridione: dominatore della storia dei nostri popoli, apportatore di fertilità ai nostri suoli, fonte produttiva diretta e indiretta nel passato per tutti gli insediamenti antropici inclusi nel suo areale, esso ha stabilito col fattore umano rapporti pregnanti e indelebili che solo una distorta visione tipica del nostro secolo della civiltà e del progresso, potrebbe interrompere.

 E' stato il paventato pericolo della morte biologica del fiume, con tutte le nefaste conseguenze ad essa associate, a spingere nel 1984, l'allora sparuto ma sensibile gruppo W.W.F-Caserta, a promuovere un serio programma di ricerca interdisciplinare, denominato "Progetto Voltumo", la cui finalità primaria era quella di rilevare nella maniera più ampia e più capillare e secondo chiavi interpretative molteplici e diverse, lo stato di salute del fiume e dell'areale perché la comunità sociale ne fosse correttamente informata e perché le forze sociali in essa operanti potessero, in maniera coordinata, predisporre e mettere in atto una terapia che riabilitasse il Volturno alla sua fisiologica funzione vivificatrice oltrechè produttiva. 

Occorreva una strategia metodologica appropriata e completa, ineccepibile sul piano del rigore scientifico, che evidenziasse una realtà oggettiva consolidata e strutturata, ancorché in evoluzione, e non fosse invece un estemporaneo rilevamento di massima, montato propagandisticamente, da cui dovessero scaturire eclatanti allarmismi, fatui e vacui nella loro improvvisazione, qual è il metodo abusato purtroppo dalla moda di oggi. 

Gruppi di studio si formarono in seno all'Associazione, si costituì un apposito coordinamento scientifico, si chiese e si ottenne la collaborazione di dipartimenti scientifici dell'Università di Napoli e di Verona e del Parco Nazionale d'Abruzzo e, dopo studi preliminari, il coordinamento pervenne alla conclusione che per avere un quadro reale della situázione e per pervenire a risultati scientificamente validi ed utilizzabili si dovessero seguire due itinerari paralleli e contemporanei: da un lato la ricerca idrochimica, più fluttuante nel tempo, che conducesse a risultati medi dei parametri più indicativi, tali da evidenziare eventuali disturbi e da permettere di risalire alle cause; dall'altro la ricerca biologica, nel fiume e nell'areale, di quelle specie e popolazioni animali la cui presenza fosse "indicatrice" chiara di condizioni dell'ambiente idrico, e "della fascia dì riva", ottime oppure malsane. Alla luce di quanto la letteratura scientifica recita circa gli "indicatori biologici", si convenne di scegliere quali indicatori le popolazioni di insetti, anfibiotiche, idrofile e di zona umida, viventi nell'ambiente "Volturno", applicando cosa, per la prima volta nel nostro paese, un metodo di ricerca in chiave entomatica, ad un fiume. 

La ricerca chimica e quella entomatica-biologica, integrandosi attraverso un riscontro comparativo omologo, avrebbero fornito le indicazioni di una condizione non contingente bensì consolidata nel tempo, e perciò reale, dello stato di salute del Volturno.

Dalle sorgenti di Rocchetta al Volturno nelle Maìnarde molisane, lungo un corso di 175 km., entro un areale del bacino idrografico di 5.500 kmq, fino alla foce di Castelvoltumo, sul Tirreno, gruppi di ricerca chimica e batteriologica guidati dal chimico Raffaele Lauria e gruppi di ricerca entomologica guidati e coordinati dall'entomologo Piero Sagnibene, hanno, in questi anni, ricognito, analizzato e studiato tutto ciò che di chimico e di biologico potesse avere un qualche interesse per la ricerca, non disdegnando di inoltrarsi anche nei meandri degli affluenti, il Lete, il Torano e il Calore in particolare, onde poter acquisire ogni indicazione inerente al fiume principale. 

Questi gruppi di ricerca hanno lavorato nei dodici tronconi in cui il fiume era stato suddiviso; ad essi si sono affiancati gruppi di rilevatori fotografi che in circa 2.000 diapositive hanno dato un'immagine pressoché completa di ogni angolo del fiume.

Per ciò che attiene ai risultati quali-quantitativi e alle conseguenti loro interpretazioni analitiche e sistematiche, essi sono chiaramente espressi nelle relazioni degli autori della mappatura biologica e di quella chimica: qui si vuol dare soltanto una indicazione sintetica, scaturita dall'assemblaggio. degli elementi della ricerca, sul significato di certi elementi della stessa. 

L'indicazione biologica - Il principio dell'indicazione biologica, semplice nell'espressione logica ma molto difficile sul piano applicativo, poggia sulla considerazione che ogni popolazione biologica, in adattamento omeostatico col suo ambiente, tende ad acquisire un habitus biologico, cioè un complesso strutturale e fisiologico in armonia con l'ambiente in cui vive; se l'ambiente si modifica in maniera naturale e lenta la popolazione tenderà ad adattarsi, attraverso mutazioni, al nuovo ambiente, ma se la modificazione è immediata e profonda la popolazione tenderà a scomparire estinguendosi. Sulle orme di questo principio si evince che ogni ambiente presenta popolazioni, ed associazioni di queste, caratteristicamente adattate. Se un ambiente, nel caso nostro un fiume col suo ciclo erosivo naturale, si presenta eterogeneo e diverso lungo il suo sviluppo, ad ogni settore dovrà corrispondere un complesso di popolazioni caratteristiche e diverse ma specificatamente integrate nel proprio settore. Se la successione spaziale delle popolazione corrisponde all'andamento "naturale" dell'ambiente, le popolazioni sono indicatrici positive dell'ambiente e questo potrà ritenersi non degradato, se invece, in un ambiente, nei naturali loci abitativi vanno ad inserirsi popolazioni atipiche cioè proprie di altri ambienti, vuol dire che quell'ambiente ha perduto la sua "naturalità" ed è da considerarsi degradato e le popolazioni atipiche saranno "indicatori negativi".

L'andamento, in un ambiente degli indicatori positivi e di quelli negativi, per qualità e quantità, fornisce dunque un quadro complessivo indicativo dello stato di salute o di degradazione. A titolo esemplificativo, la presenza di insetti del gruppo dei plecotteri, estremamente delicati e sensibili ad ogni variazione dell'ambiente idrico e tipici delle acque pure e limpide, nella parte alta del nostro fiume (dalle sorgenti alle strette di Venafro), indica che quelle acque sono incontaminate; per contro, la scomparsa di ogni presenza entomatica positiva nelle anse di Cancello Arnone e la tipica comparsa di insetti del gruppo dei Simulidi negativi (Odagmia nitidífrons) tipici delle acque cloacali, indicano che quel tratto del fiume è biologicamente morto ed è, potenzialmente, un pericoloso veicolo di infezioni e di malattie agrosistemi compresi tra la media collina e la pianura riversano in esso, per percolazione, erbicidi, antiparassitari e fertilizzanti; minuscolì impianti estrattivi di ghiaia ne scombussolano il fondo; isolati scarichi di rifiuti ne imbrattano le acque; ma il tutto viene, in seguito, riassorbito per autodepurazione e la qualità delle acque, come indicano le presenze biologiche e le ricerche chimiche, risulta ancora buona. E' la caduta verso la piana alifana, dopo aver raccolto le acque del Lete, a creare i primi seri problemi al fiume. Qui accade un po' di tutto: le aziende zootecniche, in particolare suinicole, riversano i loro liquami mediante occultate condotte ipogee direttamente nelle acque; discariche urbane versano i prodotti combusti nei suoi affluenti (Torano); dighe, sbarramenti e vasche di laminazione ne denaturano il fondo; impianti estrattivi ne alterano le sponde distruggendo la fauna ittica. 

L'indicazione chimica - La temperatura dell'acqua, il suo grado di acidità, la presenza di ammoniaca, la quantità di ossigeno consumato per via biologica, quella di ossigeno consumato per via chimica, la presenza di metalli pesanti, la quantità di idrocarburi e di sostanze organiche sono indici fondamentali della qualità delle acque. Un repentino aumento della temperatura, una abnorrne quantità di ossigeno consumato biologicamente, una variazione improvvisa del grado di acidità indicano che qualcosa si è rotto nel naturale equilibrio delle acque di un fiume. Talvolta, ed è, il caso del Volturo , vengono a crearsi, tra settori diversi, vere e proprie barriere chimiche che finiscono con l'alterare completamente gli equilibri biologici e col rendere impossibili le migrazioni ittiche con il risultato di interrompere, definitivamente, i normali cicli biologici e creare le premesse per il determinarsi della cosiddetta "morte biologica" del fiume. L'analisi comparativa delle curve chimica e biologica del fiume fa rilevare in molte parti una perfetta concordanza, quasi una sovrapponibilità di esse. Ciò indica che certe condizioni non sono accidentali, del momento, ma che sono invece da associare a tempi lunghi di determinismo. Ciò impone una particolare riflessione: mentre modificazioni recenti sono rimuovibili facilmente eliminando i fattori causali, quelle di lunga data non possono essere oggetto di reversibilità completa se non attraverso tempi lunghi e cura intensiva del fiume. Ciò significa la necessità di intervento radicale non solo, ma anche urgenza assoluta di intervento altrimenti si rischia di superare quella soglia di reversibilità oltre la quale un ripristino sarebbe utopia. 

Qualche dato sull'andamento delle condizioni del Volturno - Da Castel San Vincenzo ove il Voltumo viene alla luce come minuscolo torrentello, fino alla stretta di Ravindola tra il Matese e i monti di Venafro, l'analisi chimica e biologica fanno rilevare una qualità ottima dalle acque; ricevendo in questo tratto alcuni piccoli affluenti e canali dalle alture si arguisce che sia sul corso che sugli affluenti non gravano inquinanti. Le presenze bio-entomatiche danno un quadro di perfetta salute e così pure le presenze ittiche. Invero bisogna riconoscere che in quel versante, come si è potuto constatare direttamente, vige un rispetto atavico per il fiume quasi come verso una divinità.

Siamo nella fase torrenziale e qui il Volturno vive in perfetta sintonia con l'ambiente montano e con quello umano. Quando, dopo Roccaravindola, il fiume inizia il percorso di quella valle detta del medio Voltumo, che lo condurrà fino alla stretta di Triflisco, cominciano i primi insulti: agrosistemi compresi tra la media collina e la pianura riversano in esso, per percolazione, erbicidi, antiparassitari e fertilizzanti; minuscoli impianti estrattivi di ghiaia ne scombussolano il fondo; isolati scarichi di rifiuti ne imbrattano le acque; ma il tutto viene, in seguito, riassorbito per autodepurazione e la qualità delle acque, come indicano le presenze biologiche e le ricerche chimiche, risulta ancora buona. E' la caduta verso la piana alifana, dopo aver raccolto le acque del Lete, a creare i primi seri problemi al fiume. Qui accade un po' di tutto: le aziende zootecniche, in particolare suinicole, riversano i loro liquami mediante occultate condotte ipogee direttamente nelle acque; discariche urbane versano i prodotti combusti nei suoi affluenti (Torano); dighe, sbarramenti e vasche di laminazione ne denaturano il fondo; impianti estrattivi ne alterano le sponde distruggendo la fauna ittica; agrosistemi intensivi ne intossicano le acque: è qui che per certi tratti scompaiono stranamente le presenze biologiche e si creano le prime barriere chimiche, le acque scadono di qualità e il fiume si avvia inesorabilmente verso una condizione patologica. Questa viene ulteriormente aggravata dalla confluenza col fiume Calore che tributa al Voltumo un carico inquinante continuo, d'ogni natura, e ne rende le acque fortemente alterate. Il fiume tende, quasi con disperato istinto a sopravvivere, ad un ultimo tentativo di descoriarsi e, in parte, vi riesce. Ma il suo destino è segnato. All'altezza della piana di Monte Verna e fino a Triflisco riceve un colpo mortale dagli scarichi delle aziende zootecniche e giunge a Capua con acque fortemente inquinate. Le presenze biologiche positive sono ridotte al quasi azzeramento mentre si vanno più evidenziando gli indicatori negativi. A Capua gli insulti non si contano più: il fiume, in fin di vita, è definitivamente annientato dalle industrie chimiche per cui, allorché si sospinge stanco verso la foce, esso ha perduto la sua identità di corso d'acqua per divenire, anche ad onta degli scarichi di rifiuti di ogni specie che da qui in poi lo mortificheranno, un canale cloacale aperto, con acque biologicamente morte, mefitiche, e pericolose per la sanità pubblica. Questo appare oggi lo stato di salute del Voltumo.

Questo, per analogia, potrebbe essere lo stato della nostra coscienza civile.

 Conclusioni - Ma nel mondo della natura mai nulla è perduto.Se la presenza umana tende a distruggere, essa non può superare certi limiti senza entrare nella fase dell'autodistruzione. Le capacità rigenerative di un fiume sono infinite.Le condizioni attuali del Voltumo, se pure in certi tratti disperate, non sono ancora irreversibili. Sta dunque all'uomo, ai nostri popoli, alla coscienza sociale ed alle sue forze, scegliere tra nuovi orizzonti di vita per il Voltumo o la sua morte definitiva. La civiltà di un popolo si misura anche sul piano delle scelte che storicamente compie.La nostra speranza è che la scelta sia quella giusta.

Questo il fine primario che ci ha spinto a realizzare il “Progetto Volturno”.

 


Brani tratti dal libro " Progetto Volturno " , disponibile presso la sezione WWF di Caserta .

( indice)

21 Giugno 2006 - 24 Giugno 2006

NavigaVolturno 2006 - I Edizione

La kermesse verrà articolata in quattro tappe:

Mercoledì 21 nel Molise visita alle sorgenti e partenza simbolica, presenti le Autorità istituzionali delle province di Caserta e Isernia; trasferimento al Centro Nautico di Presenzano, base di partenza del NavigaVolturno, e visita all'oasi Wwf Le Mortine di Capriati al Volturno;

Giovedì 22 partenza da Presenzano, in località Scafa, e arrivo a Ruviano;

Venerdì 23 partenza da Ruviano con soste nell'ansa del fiume con la visita all'oasi faunistica della Lega Italiana Protezione Uccelli ed alla località traversa di Ponte Annibale, prosecuzione nel primo pomeriggio per Capua con arrivo in serata;

Sabato 24 partenza da Capua con sosta a Cancello Arnone e prosecuzione nel primo pomeriggio per Castelvolturno con arrivo intorno alle 18 e visita all'oasi ambientale .

Obiettivo del NavigaVolturno quello di conoscere la risorsa fiume per offrirla successivamente in un pacchetto turistico nell'ambito del cosiddetto soft-rafting che possa articolarsi, dalla base nautica di Presenzano, che diventerà la base di partenza delle escursioni, fino a Castelvolturno in varie tappe a seconda delle scelte degli eventuali utenti, che potranno sostare a dormire negli agriturismi della zona, degustare i prodotti tipici locali e visitare monumenti e località di interesse storico e turistico posti lungo l'itinerario fluviale.

Il NavigaVolturno si svolgerà con la regia dell'olimpionico di canottaggio Davide Tizzano, gestore del Centro Nautico di Presenzano, e la collaborazione del Coni, dei Consorzi di bonifica interagenti nel territorio del fiume Volturno e di altri Enti locali, in primo luogo il Comune di Presenzano, e provinciali.

Collaboreranno anche le associazioni ambientaliste Wwf, Legambiente e Lipu e l'associazione Bluduemila per la promozione della nautica, dello sport e del turismo. Un particolare apporto è garantito dal Gal-Matese che gestisce il progetto dell'Unione Europea e ha inserito il NavigaVolturno tra le iniziative da promuovere nell'interesse del territorio.
 

Ed ecco alcune immagini della tappa di Capua , dove gli attivisti del WWF , organizzati dalla infaticabile Teresa Leggiero e dalla sua famiglia , hanno degnamente accolto i " navigatori " che dalle sorgenti molisane , si dirigevano verso il mare di Castelvolturno , recando con se una boccia di acqua sorgiva .